CAPITOLO 3
STORIE DI ALTRUISMO
Vi siete mai chiesti cos’è che vi rende davvero felici?
Io si. L’ho chiesto tante volte a tante persone, l’ho chiesto anche a me stessa. Tra le varie risposte con cui ho avuto il piacere di confrontarmi, una ci ha messo spesso tutti d’accordo. Nella maggior parte dei casi, ci sentiamo felici quando rendiamo felice chi amiamo, quando sentiamo di essere la causa del sorriso spontaneo di chi abbiamo accanto, o ancora quando riusciamo ad aiutare chi è in difficoltà privandoci di qualcosa per donarla a qualcun altro, amando il prossimo senza avere aspettative di ricompensa.
In un’unica parola: altruismo, una bellissima parola dal significato tanto ampio quanto semplice. Con altruismo (dal latino alter, «altro») si intende l’atteggiamento e il comportamento di chi ha la qualità (morale) di interessarsi al benessere dei propri simili. Dai gesti più piccoli a quelli più eclatanti, l’altruismo si traduce in atti e comportamenti volti ad aiutare gli altri senza pretendere nulla in cambio; possiamo quindi immaginare quanto sia chiaramente legato a tante altre parole di spessore quale, ad esempio, l’amore; e proprio come l’amore, anche l’altruismo non può essere insegnato né preteso.
Questo cosa vuol dire? Chi non ce l’ha è senza speranza?
La risposta, per fortuna, è no! Questo perché esiste un’altra bellissima parola: sensibilità. E tutti possono essere educati alla sensibilità, sin da piccoli…dunque, c’è sempre speranza!
Spesso siamo persi nei nostri problemi, altre volte immersi in preziosi momenti di benessere e distrattamente non ci accorgiamo della realtà nelle sue mille sfaccettature, compresa quella della sofferenza provata da chi ci circonda, oppure percepiamo qualcosa ma senza darle la giusta considerazione. La sensibilità nei confronti del prossimo ci predispone a comportamenti pro-sociali e sentimenti empatici che, a loro volta, ci permettono di adottare il punto di vista dell’altro e di percepirne autenticamente la gioia e la tristezza al fine di attivarci, nel limite delle nostre possibilità, in modo da alleviare eventuali stati d’animo spiacevoli e condividere con gioia eventi felici.
Proprio così, senza alcuna intenzione di ricevere un tornaconto, esclusivamente in nome del sorriso sincero di chi con gratitudine e commozione ringrazia per aver ricevuto comprensione e conforto.
Il termine altruismo è stato coniato dal filosofo francese Auguste Comte, considerato il padre del Positivismo (movimento filosofico e culturale nato in Francia nella prima metà dell’Ottocento), per dare titolo alla sua dottrina del ‘vivere per gli altri’: pensiero per cui gli individui sono moralmente obbligati ad essere ‘buoni’ nei confronti dell’umanità, a servire l’interesse degli altri prima del proprio.
Potremmo a questo punto chiederci cos’è che induce le persone a donare le proprie energie e le proprie risorse (anche a rischio, a volte, di compromettere sé stessi), la stessa domanda è oggetto di studi e approfondimenti sia in ambito sociale che psicologico. Le motivazioni possono essere molteplici e legate a vari aspetti: si evidenziano ragioni biologiche per cui si ritiene che più le persone sono imparentate, più è probabile che si aiutino, in quanto generalmente si è più propensi ad aiutare i propri parenti stretti e questo al fine di garantire la continuazione di geni condivisi e, dunque, la discendenza; inoltre, l’altruismo attiva i centri di ricompensa nel cervello: i neurobiologi hanno scoperto che quando ci si impegna in un atto altruistico, i centri del piacere del cervello si attivano influendo positivamente sullo stato d’animo e sull’organismo.
A quelle biologiche, si aggiungono sicuramente importanti ragioni psicologiche tra cui, ad esempio, la norma della reciprocità, un’aspettativa sociale per cui ci si sente spinti ad aiutare le persone dalle quali si è ricevuto in precedenza un comportamento di gentilezza; ma ancora, un altro aspetto psicologico fondamentale riguarda l’empatia in quanto le persone si impegnano in comportamenti altruistici con maggiori probabilità quando provano empatia per chi è in difficoltà (teoria nota come “ipotesi di empatia-altruismo”). In conclusione, è bene sottolineare quanto gli atti altruistici aiutano anche ad alleviare i sentimenti negativi percepiti in seguito all’osservazione di una situazione di disagio: assistere alla sofferenza di una persona è un’esperienza che può provocare stati di angoscia o disagio, per cui aiutare la persona in difficoltà permette di ridurre questi sentimenti negativi.
Verrebbe da chiedersi se, sulla base di quest’ultima riflessione, sia effettivamente possibile non ricevere assolutamente nulla in cambio. Secondo alcuni psicologi, l’altruismo totalmente disinteressato in realtà non esiste, in quanto vi sarebbe sempre un beneficio secondario per il donatore, come ad esempio le gratificazioni che può ricevere in cambio del suo gesto generoso, a favore soprattutto del senso di autorealizzazione e autostima personale. Ad ogni modo, la persona veramente altruista è disinteressata, nel senso che le sue azioni non si ispirano al principio del “do ut des” (dò affinché io sia ricambiato).
L’altruista agisce perché spinto da una motivazione interna ad aiutare gli altri e non è mai obbligato a farlo; in caso contrario, se vi fossero ricompense, guadagni o imposizioni alla base dell’azione compiuta, non si potrebbe di certo parlare di reale altruismo.
Si sa che parlare è facile, lo è meno mettere in pratica ciò che si pensa. Ci vuole il coraggio di pensare che è possibile credere in qualcosa, che è possibile cambiare le cose, che dobbiamo solo cominciare. Spesso basta poco, un piccolo gesto di attenzione, intimo e quotidiano, gentile e disinteressato, che come un vento leggero schiude i petali dei fiori più belli che incontra nel suo giardino.
Chi si offre e dona il proprio tempo al prossimo compie un immenso atto d’amore che trasforma la più piccola azione in un vero e proprio gesto eroico. È il caso, ad esempio, di tutte quelle persone che animate da amore, simpatia e generosità, con la Clownterapia donano un sorriso a tanti bambini nelle corsie ospedaliere e a tutte le persone ospitate da strutture di diversa natura che vivono una qualsiasi situazione di disagio: residenze per anziani, case famiglia, centri di accoglienza per clochards e immigrati, ecc. Si, c’è davvero tanto da fare.
Conoscete la storia di Jim Withers? È un medico statunitense che dal 1992 cura gratuitamente i senzatetto di Pittsburgh, in Pennsylvania, visitandoli di notte nelle strade e nei vicoli della città vestendo spesso come uno di loro, per conquistarne la fiducia e far in modo che accettino di essere medicati.
Ma non c’è bisogno di andare così lontano, perciò ho pensato di condividere con voi la storia di quattro dei ventinove giovanissimi “Alfieri della Repubblica”: ragazzi che si sono distinti per gesti di altruismo e solidarietà cui il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, nel 2019, ha voluto conferire un attestato di onore. Con il loro impegno costante e quotidiano, oltre che con atti di puro eroismo, questi giovani sono la testimonianza di una forte volontà di costruire una comunità diversa, unita. Sono la dimostrazione del fatto che in questo mondo ciascuno di noi può fare davvero la differenza, lottando per un mondo migliore.
In ogni nostro piccolo gesto di attenzione, cura, gentilezza e altruismo siamo tutti degli eroi. D’ altronde, come affermava lo scrittore e oratore latino Marco Tullio Cicerone: “Non siamo nati soltanto per noi stessi”.
Ma ancora, lo ricorda il titolo stesso della nostra Rubrica In Lak’esh, personalizzazione del saluto maya In Lak’ech che significa “io sono te e tu sei me”, io sono un altro te.
Vi saluto così, con delle storie che per me rappresentano puri messaggi di speranza, la stessa con cui auguro a tutti voi un sereno Natale.
Con affetto.
Sitografia
https://corrierequotidiano.it/cronaca/storie-di-ordinari-ragazzi-straordinari/
https://www.greenme.it/approfondire/buone-pratiche-a-case-history/eroi-2015-storie-altruismo/
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Dott.ssa Simona Remino, Psicologa
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